La ricerca italiana pubblicata sulla rivista Nature Genetics e condotta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dall’Università di Sassari ha identificato nuovi bersagli terapeutici per le malattie autoimmuni.
La ricerca, chiamata ProgeNIA/SardiNIA, si è svolta sotto la guida di Francesco Cucca, docente di Genetica umana all’Università di Sassari e associato dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr. L’indagine si è svolta su circa 4000 persone ad Ogliastra, area della Sardegna nota per essere terra di centenari, ed apre a nuove opportunità terapeutiche per le malattie autoimmuni.
I ricercatori hanno infatti scoperto 120 nuove associazioni tra varianti genetiche e livelli di almeno uno dei 700 parametri immunologici esaminati, ovvero 5 volte le conoscenze esistenti ad oggi sulla regolazione dei livelli delle cellule del sistema immune.

L’importanza dell’analisi genetica
L’analisi genetica è uno strumento sempre più potente per identificare le variazioni della sequenza del Dna in grado di influenzare le caratteristiche misurabili del nostro corpo, come i livelli delle cellule e delle molecole solubili nel sangue. Grazie ad essa continuano a migliorare gli strumenti che abbiamo a disposizione per combattere le malattie autoimmuni, causate da un funzionamento anomalo del sistema immunitario che, anziché difendere il corpo dagli agenti patogeni, attacca le cellule del proprio organismo. Attraverso analisi statistico-genetiche appropriate è inoltre possibile capire quali di esse siano coinvolte nell’insorgenza di malattie umane, contribuendo a formulare corrette ipotesi terapeutiche per il loro trattamento.
Come spiega il professor Francesco Cucca “Circa metà delle associazioni si sovrappone perfettamente ad associazioni con varianti genetiche in grado di modificare il rischio di almeno una malattia autoimmune, come sclerosi multipla, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, colite ulcerosa, diabete di tipo 1 e malattia di Kawasaki quando la stessa variante genetica influenza i livelli ematici di un tipo di cellule immunitarie e il rischio di una malattia autoimmune è probabile che il prodotto proteico di quel gene agisca nel processo alla base di quella malattia attraverso quel tipo di cellule”.
Lo studio rappresenta la naturale evoluzione applicativa di numerose scoperte fatte sempre grazie allo studio ProgeNIA e già pubblicate in oltre 150 articoli scientifici. Quegli studi avevano identificato le prime associazioni geniche mai riportate tra i livelli ematici di cellule immunitarie e i livelli dei diversi tipi di emoglobina, acido urico, lipidi. Inoltre erano riusciti a valutare l’impatto di questi parametri sul rischio e sul decorso clinico di malattie come la sclerosi multipla, il diabete, la talassemia, la gotta, e le malattie cardiache e renali.
La ricerca è stata finanziata da diverse agenzie pubbliche come il Programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea, dall’Istituto nazionale per l’invecchiamento (NIA) dell’Istituto nazionale di sanità (NIH) del governo USA, e dalla Fondazione italiana per la sclerosi multipla (Fism).
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